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Dopo una crisi economica lunga e dolorosa, il sistema produttivo italiano deve aprirsi a nuovi orientamenti per riprendere il percorso della crescita. In questo scenario di ripresa, un ruolo di particolare importanza può essere svolto dall’innovazione e dall’ingegneria. Di questo s’è discusso oggi nella Tavola rotonda “Ingegneri, industria: creazione di valore tecnologico sociale”, nell’ambito dei lavori del 60° Congresso degli Ingegneri.

Negli anni della crisi il sistema produttivo ha perso poco più del 2% delle imprese. Particolarmente colpita l’industria manifatturiera con una fuoriuscita dal mercato, negli ultimi 7 anni, di 49.700 imprese ed una flessione del 9%. La crisi sembra controbilanciata dall’incremento delle imprese dei servizi, tra il 2009 e la metà del 2015 più 11%. Questa maggiore terziarizzane dell’economia nasconde, tuttavia, ancora diverse incognite perché se il numero delle imprese del terziario è aumentato, in termini di valore aggiunto vi è stato un peggioramento. La lunga recessione, dunque, ha profondamente ridimensionato e trasformato il sistema produttivo, imponendo la ricerca di nuovi equilibri e di nuove strade per riguadagnare la crescita.

“Le possibilità di ripresa – ha commentato Armando Zambrano, Presidente del CNI - risiedono nelle nuove forme che la manifattura, a livello mondiale, sta assumendo, in una commistione sempre più forte tra industria e tecnologie informatiche, nella disponibilità diffusa di tecnologie abilitanti, in un nuovo ciclo espansivo, anche nel nostro Paese, delle spese per la ricerca, la sperimentazione e lo sviluppo di nuovi prodotti”.

A questo proposito, nel corso della Tavola rotonda si è posto l’accento su fenomeni emergenti diversi. Ad esempio, la Manifattura 4.0, ovvero i processi produttivi che fanno ampio ricorso alle tecnologie ICT. Si tratta di un delle forme di massima compenetrazione tra manifattura tradizionale e servizi avanzati, con effetti stimati di forte crescita e modernizzazione delle produzioni tradizionali. La manifattura additiva, con il ricorso alle Stampanti 3D: gli studi più recenti stimano che in Italia la maggiore diffusione di tale tecnica di progettazione e produzione determinerebbe anche e soprattutto nelle imprese italiane di ridotte dimensioni un cospicuo recupero di produttività. Il rafforzamento dei cluster tecnologici, la diffusione capillare della Banda Ultra Larga, la maggiore spinta alle esportazioni hi-tech.

In questo scenario, quale ruolo possono svolgere gli ingegneri? “L’innovazione e la riorganizzazione dei processi produttivi – ha commentato Luigi Ronsivalle, Presidente del Centro Studi CNI - sono i primi fattori per tornare a crescere. Il Paese ha bisogno di un cambio di passo attraverso processi che incorporino elevate competenze e know-how specifico. Gli ingegneri possono essere tra i principali vettori di questo cambiamento, come già è accaduto più volte nel passato”.

Secondo i dati del Centro Studi CNI diffusi nel corso dei lavori, sono oltre 200.000 gli ingegneri che operano nei comparti dell’industria e dei servizi. Dopo un periodo di crisi, il mercato sembra ritornare, seppure gradualmente, verso una fase espansiva. Tra il 2014 ed il 2015 la domanda prevista di ingegneri da parte delle imprese aumenta del 31%, uno degli incrementi più accentuati degli ultimi 15 anni. Anche il tasso di disoccupazione, dopo avere raggiunto negli anni passati punte del 6% si riporterà verosimilmente a livelli più fisiologici del 4% per il settore dell’ingegneria, a fronte del 12% a livello nazionale. Questo scarto molto forte indica la peculiarità dei profili ingegneristici, riconosciuti per le elevate competenze tecniche possedute. Per la fine del 2015 si prevede che il sistema produttivo nazionale “assorbirà” quasi 10.000 ingegneri elettronici e dell’informazione, 7.000 ingegneri industriali, più di 2.000 ingegneri civili.

Molti gli ingegneri che prendono ormai la strada per l’estero. Dall’indagine realizzata dal Centro Studi CNI a settembre del 2015, risulta che ben il 5% degli ingegneri che operano nell’industria o nei servizi lavora attualmente all’estero ed il 18% ha lavorato all’estero in passato. Nel complesso il 23% ha esperienza di lavoro oltreconfine, una percentuale elevata che, almeno in parte, testimonia, di un ruolo di rilievo e di elevate competenze riconosciute agli ingegneri italiani. Il 31% ha, inoltre, in programma di cercare lavoro all’estero. Le motivazioni dell’emigrazione sono la ricerca di migliori condizioni remunerative e contrattuali che l’Italia non offre (53%), le possibilità di crescita professionale (45%), gli avanzamenti di carriera per più stringenti criteri meritocratici (30%). Il lavoro all’estero è certamente un’opportunità di crescita, ma forte è anche la sensazione che per molti ingegneri sia una fuga da un Paese, quale l’Italia, in cui l’eguaglianza delle opportunità manca.

“Non sprecare i molti talenti che il Paese possiede, in termine di capitale umano, è una sfida da affrontare – ha concluso Ronsivalle - da questo capitale umano dipendono, infatti, molte delle possibilità di ripresa”.

Tavola rotonda "ingegneri e industria"

Presentazione
 

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